Le acque termali sono grandi amiche della salute intima femminile.
In ambito ginecologico viene sfruttata la loro azione antinfiammatoria, antisettica, eutrofica e detergente. Ecco perché sono ottime, per esempio, in caso di vaginiti e cistiti ricorrenti.
Preziose a tutte le età
Le acque termali, in particolare le Luigiane, solfuree e salsobromoiodiche, classificate dal Ministero della salute a livello qualitativo 1° Super, sono ideali in caso di cerviciti, endometriti, postumi di interventi chirurgici e di atrofia vulvo-vaginale, che è una condizione tipica del climaterio dettata dalla ridotta produzione di estrogeni e da una fisiologica involuzione dei tessuti uro-genitali. Durante la menopausa aiutano quindi a contrastare l’insorgenza di cistiti ricorrenti, la secchezza vaginale, l’irritazione, il bruciore e prurito.
Non solo. Sono adatte alle donne in gravidanza per la capacità miorilassante che esercitano sul muscolo uterino. E sono utili per prevenire fenomeni cicatriziali e aderenziali che possono minare la fertilità.
Come si svolgono le cure
La metodica termale più utilizzata in campo ginecologico è l’irrigazione vaginale. La seduta prevede l’utilizzo di una cannula con diversi fori, che fa arrivare l’acqua curativa a diverse pressioni e temperature (37 °C – 40 °C) a diretto contatto con le mucose vaginali. Il tutto per una quindicina di minuti. Le irrigazioni con acqua solfurea risultano particolarmente efficaci nel trattamento dell’atrofia vulvo-vaginale, come ha dimostrato uno studio clinico epidemiologico (Costantino M, Conti V, Marongiu MB et al Sulphurous vaginal douching and vulvovaginal atrophy). Si consiglia a ogni donna un ciclo di cura con acque termali, per minimo 12 applicazioni, perché sono un vero toccasana a prescindere dalle singole problematiche, anche a solo scopo di prevenzione.
Tra l’altro sono a carico del Servizio sanitario nazionale, che ne può erogare un ciclo all’anno: basta farsi rilasciare dal proprio medico curante o dal ginecologo la prescrizione. L’altro trattamento classico sono i fanghi pelvici, applicati in modo da formare una sorta di mutandina. Trovano indicazione soprattutto in caso di infiammazioni croniche, sindromi aderenziali pelviche o per postumi di interventi chirurgici. Sono però a pagamento.